Eretici modernisti protetti da cardinali, vescovi e superiori degli Ordini...
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Giuramento antimodernista
Nel 1910 San Pio X obbligò tutto il clero dedito alla cura d ’anime o all’insegnamento a pronunciare
un giuramento in cui è contenuta la condanna di tutti gli essenziali errori modernistici sulla
Rivelazione e la Tradizione. Proprio per questo compendio della erronea dottrina modernista il
predetto giuramento non ha un valore solo disciplinare, ma anche dogmatico.
Io NN. fermamente abbraccio e accetto tutte e singole le cose, che sono state definite,
asserite e dichiarate dal magistero infallibile della Chiesa, e in modo speciale quei punti
di dottrina, che direttamente sono contrari agli errori di questo tempo.
E
in primo luogo:
professo che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere certamente conosciuto, e
perciò se ne può dimostrare l’esistenza, con il lume naturale della ragione «attraverso
le cose create» (cf. Rom. 1,20), cioè attraverso le opere visibili della Creazione, come
causa attraverso gli effetti.
In secondo luogo:
ammetto e riconosco che vi sono argomenti esterni della Rivelazione, cioè dei fatti
divini, specialmente i miracoli e le profezie, che sono come segni certissimi dell’origine
divina della religione cristiana, e ritengo che gli stessi sono del tutto adatti
all’intelligenza degli uomini di tutti i tempi, e anche di questo tempo.
In terzo luogo:
credo pure con ferma fede che la Chiesa, custode e maestra della parola rivelata, è
stata immediatamente e direttamente fondata dallo stesso Cristo, vera e storica
Persona, quando stava tra noi, e che la Chiesa stessa è stata edificata sopra Pietro,
principe della gerarchia apostolica, e sui suoi successori nel tempo.
In quarto luogo:
accetto sinceramente la dottrina della Fede, trasmessa sempre nello stesso senso e nella
stessa sentenza, dagli Apostoli attraverso i Padri di retta dottrina fino a noi; perciò
respingo categoricamente l’eretico ritrovato dell’evoluzione dei dogmi, che passano da
un senso ad un altro, diverso da quello che dapprima ebbe la Chiesa; cosi pure
condanno l’errore, secondo il quale al divino deposito, affidato alla Sposa di Cristo e
che essa deve custodire fedelmente, si sostituisce un ritrovato filosofico oppure la
creazione di una coscienza umana, formata gradualmente dalla ricerca degli uomini e
che si deve perfezionare continuamente con progresso indefinito.
In quinto luogo:
ritengo certissimamente e professo sinceramente, che la Fede non è un cieco sentire
della religione che erompe dalla profondità della subcoscienza, sotto la pressione del
cuore e dell’inflessione della volontà moralmente informata, ma un vero assenso
dell’intelletto alla verità ricevuta dall’esterno, «ascoltata», per il quale, cioè, crediamo
che le cose, dette, attestate e rivelate da un Dio personale, nostro Creatore e Signore,
sono vere, per l’autorità di Dio sommamente verace.
Mi sottometto pure con la dovuta riverenza e aderisco con tutto l’animo a tutte le
condanne, dichiarazioni, prescrizioni, contenute nell’Enciclica «Pascendi» e nel
Decreto «Lamentabili», specialmente per quanto riguarda la cosiddetta storia dei
dogmi.
Disapprovo l’errore di coloro che affermano che la Fede, proposta dalla Chiesa, può
ripugnare alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso in cui ora sono compresi, non si
possono armonizzare con le origini più vere della religione cristiana.
Condanno pure e respingo la sentenza di quelli, che dicono che il cristiano più istruito
riveste come una doppia personalità, quella del credente e quella dello storico, come se
fosse lecito allo storico ritenere cose che sono in contrasto con la Fede del credente,
oppure porre delle premesse, da cui ne consegua, che i dogmi sono o falsi o dubbi,
purché questi non siano negati direttamente.
Disapprovo pure quel metodo di studiare e di interpretare la S. Scrittura, il quale,
trascurata la Tradizione della Chiesa, l’analogia della Fede e le norme della Sede
Apostolica, aderisce ai ritrovati dei razionalisti e ritiene non meno liberamente che
arbitrariamente la critica del testo come unica e suprema regola.
Respingo inoltre la sentenza di coloro che sostengono che l’insegnante di storia della
teologia o chi scrive di queste materie deve prima mettere da parte l’opinione
preconcetta, sia dell’origine soprannaturale della Tradizione cattolica, sia dell’aiuto
promesso da Dio per la perenne conservazione di ogni verità rivelata; poi deve
interpretare coi soli principi della scienza gli scritti dei singoli Padri, esclusa ogni
sacra autorità, e con quella libertà di giudizio, con cui si è soliti studiare i documenti
profani....(CONTINUA)
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