L’esercito russo sta avanzando rapidamente nel Donbass, accingendosi ad accerchiare il cruciale caposaldo di Pokrovsk e proseguendo l’opera di erosione delle linee di difesa ucraine lungo gran parte del fronte. Simultaneamente, infrastrutture a doppio uso disseminate in tutta l’Ucraina vengono bersagliate dalle forze missilistiche russe, che recentissimamente hanno colpito una accademia militare presso Poltava provocando la morte di decine e decine – se non centinaia e centinaia – di soldati e istruttori sia ucraini che stranieri. Si vocifera che le dimissioni presentate nei giorni scorsi al Parlamento di Stoccolma dal ministro degli Esteri Tobias Billstrom siano in qualche modo collegate alla morte di alcuni addestratori svedesi che operavano proprio nella base di Poltava. Anche l’esecutivo di Kiev ha subito profondi sconquassi, nell’ambito di un rimpasto di governo culminato con l’estromissione di sei ministri (tra cui il titolare del Dicastero degli Esteri Dmytro Kuleba) e disposto in seguito al sostanziale fallimento in cui si sta risolvendo l’invasione ucraina dell’oblast’ russo di Kursk. Dal canto suo, il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov ha invitato la classe dirigente di Washington a abbandonare la consolidata illusione secondo cui un’eventuale Terza Guerra Mondiale rimarrebbe confinata all’Europa, e sottolineato che la Russia sta valutando la possibilità di aggiornare la propria dottrina nucleare, che definisce casi e modalità d’impiego dell’arsenale atomico nella disponibilità di Mosca. Ha quindi accusato gli Stati Uniti di aver perso di vista il senso della deterrenza reciproca che ha sostenuto l’equilibrio di sicurezza tra Mosca e Washington sin dalla Guerra Fredda. Riferendosi a voci di corridoio secondo cui gli Stati Uniti sarebbero vicini a un accordo per fornire all’Ucraina missili a lungo raggio Jassm, Lavrov ha dichiarato: «non sono sorpreso di nulla: gli americani hanno già varcato la soglia che si erano prefissati. Vengono istigati e Zelens’kyj ovviamente ne approfitta. Ma dovrebbero capire che stanno scherzando con le nostre linee rosse, e non dovrebbero farlo». Parliamo di tutto questo assieme a Stefano Vernole, analista geopolitico, saggista e vicepresidente del Centro Studi Eurasia Mediterraneo.
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